L’ombrello
Secondo giorno di
pioggia. Ti alzi la mattina, guardi dalla finestra e avresti solo voglia di
tornare a dormire. E invece no, ti devi preparare e devi andare al lavoro e per
di più devi portarti dietro quell’oggetto utile ma ingombrante, chiamato
comunemente ombrello. Per carità, grandissima invenzione, se non fosse che
quando sali sul treno sgocciola ovunque e non sai mai dove ubicarlo. E infatti
adesso sto facendo lo slalom tra tanti ombrellini inanimi che giacciono
abbandonati nel corridoio e che costituiscono delle armi improprie, sì armi,
perché se non fai attenzione rischi di inciampare e stramazzare allegramente al
suolo.
Mi siedo nel primo
posto libero, poso l’oggetto sgocciolante ai miei piedi e so che a breve si
formerà un piccolo laghetto, ma almeno qui non farà cadere nessuno.
Giornata iniziata decisamente male!
Cerco l’ipod nella
borsa, metto le cuffiette e…
Musica Maestro! Relax baby,relax, ripeto a me stessa.
Finalmente il primo
momento bello di questa giornata uggiosa. Vasco rimbomba nelle mie orecchie e
io sono felice.
Mai sottovalutare il potere della musica, mai.
Io con le note, viaggio,
esploro, immagino. È un mondo a sé, un’altra dimensione,
un luogo dove rifugiarmi ogni volta che ho bisogno di ritrovarmi, di guardarmi
dentro, di sentirmi. Chiudo gli occhi e parto. Per ora sto correndo in un prato
pieno di margherite e ballo sotto il sole.
Niente pioggia, niente smog, niente problemi, solo aria
pulita, solo spensieratezza.
Ma come tutti i sogni,
anche il mio breve attimo di pace finisce troppo presto. Apro gli occhi e vedo
lui che con i suoi ormai immancabili Ray-ban (inutili) e con una felpa con il
cappuccio da “Sono figo solo io”, sta osando toccare il mio ombrello per
spostarlo nel corridoio.
Mah!
Lo fulmino con uno dei
miei soliti sguardi più che chiari ma lui non si scompone di una virgola e si
siede con sufficienza difronte a me, fissandomi, forse. Decido allora che a quel
gioco si può giocare in due, quindi riduco i miei occhietti a due fessure e lo
guardo aspettando che dica qualcosa, ma non parla.
Ok uomo senza voce, ora ti sistemo io.
«Il mio ombrello ti creava problemi? È utile sai? Serve a non bagnarsi. Molto più utile della tua
felpa inzuppata».
Sogghigno mentre la
mia mente folle associa lo sconosciuto al povero Calimero, con la differenza
che il tenero pulcino è simpatico, lui no. Avrei voluto aggiungere qualcosa a
proposito dei suoi occhiali da sole, occhiali che il giorno prima si era tolto
solo quando io ero troppo lontana per vedere i suoi occhi.
Che nervi!
Opto per il silenzio,
visto che lui nemmeno mi ha risposto. Mi alzo, riprendo il MIO ombrello e lo
rimetto al suo posto, ovvero ai miei piedi.
È lì che deve stare. Hai capito?
Mi rivolgo mentalmente
a lui e gli lancio un ulteriore occhiataccia che dovrebbe rendere chiaro il mio
messaggio.
Mi risiedo, chiudo
nuovamente gli occhi, sperando vivamente di non essere più disturbata
dall’arrogante e presuntuoso sconosciuto che c’è davanti a me. E ci provo, ci provo sul serio a non
pensare a lui, ma non ci riesco e anche volendo tentare di ignorarlo, il
compito diviene arduo, nel momento in cui il mio ombrello si muove, di nuovo.
«Posso sapere che fastidio ti da?».
Se non mi risponde
nemmeno questa volta mi metto a urlare.
Un secondo, due, tre,
quattro, cinque…
Rimette l’ombrello nel
corridoio e torna a sedersi.
«Nessuno ti ha mai insegnato che chiedere è lecito e
rispondere è cortesia?».
Sorride… sta
sorridendo.
Ride di me?
Ha anche un bel
sorriso.
Accidenti!
Provo a ricompormi ma
non è semplice, non dopo quello spettacolare incurvamento delle labbra che ha
deliziato la mia vista. E improvvisamente ho paura, paura di vedere i suoi
occhi e paura di sentire la sua voce, paura di scoprire che…
Ecco!
«Se tutti mettono l’ombrello nel
corridoio ci sarà un motivo. Non mi va di avere il lago sotto le scarpe, dato
che l'acqua pende verso di me».
E dopo il sorriso, arriva
la voce, non una voce normale, no, una signora voce, quella che al solo
sentirla potresti direttamente inciampare senza che ci siano gli ombrellini
colorati a intralciare il tuo cammino perché basta udirla per sentirti
inesorabilmente mancare la terra sotto ai piedi.
Ok, ok, hai una voce da infarto, ma sei antipatico,
irrimediabilmente antipatico.
Fa un altro
sorrisetto.
Odioso, smettila di sorridere!
«Ti disturba un po’ di acqua sotto i
piedi? Non lo avrei mai detto. Piuttosto dovrebbero infastidirti quegli inutili
occhiali che ti ostini a indossare nonostante il sole sia un lontano miraggio.
Che assurdità! Perché non te li togli?».
Oh cielo! Non lo avrò detto sul serio?
«Il mio odio per il tuo ombrello é direttamente
proporzionale al tuo per i miei occhiali. Li porto perchè mi stanno bene, non
credi?».
Sorride ancora.
Eh
no, adesso basta!
«Sì, ti stanno benissimo, peccato che
guardandoti viene da pensare che sei un egocentrico snob e pieno di sé. Sicuro
che sotto quei Ray – ban non nascondi un occhio nero gentilmente offerto da
qualcuno che non ha resistito a mettere a tacere la tua arroganza?».
Beccati
questa!
Una linguaccia immaginaria prende vita
nella mia mente, mentre attendo una risposta che spero non arrivi mai. Ho dato
inizio a una guerra e ora sono chiaramente nei pasticci.
«Sei solo curiosa di guardarmi. Usi
mille giri di parole per far pensare che non ti importi ma la sola cosa che
vuoi...» dice distaccando la sua schiena dal sedile e avvicinandosi di più a me
« …è togliermeli».
Oh
santi numi!
Rimane fermo, invade il mio spazio e
sorride per alcuni interminabili secondi.
«Allora facciamo una scommessa, se
vuoi che li tolga, devi essere proprio tu a farlo». Si riappoggia alla
poltroncina e accavalla la gamba.
«Sono sicuro di me, vediamo quanto lo
sei tu brunetta».
È
una sfida? Ora sì che sono nei guai! E poi non sono brunetta,orbo!
Sorrido a mia volta, divertita,
tentando disperatamente di nascondere l’imbarazzo dovuto alla sua vicinanza
inaspettata e al suo profumo, irresistibile anche quello.
Maledizione!
Valuto mentalmente la mia prossima
mossa.
Pensa
Selene, pensa!
Sto morendo dalla curiosità, le mie
mani formicolano dal forte desiderio di togliergli quegli stramaledetti
occhiali, ma non voglio dargliela vinta.
«Tieniteli pure, visto che non puoi
farne a meno. Evidentemente senza quelle lenti non saresti poi così sicuro di
te e comunque, mi sa che hai anche problemi di vista perché io non sono
brunetta, ho i capelli rossi».
Arriva l’immancabile sorrisetto.
A
cosa starà pensando?
Mentre lui sembra divertito da non so
che, io abbasso lo sguardo e mi
immedesimo in Pinocchio, immaginando il mio naso allungarsi come non mai dopo
la colossale bugia che ho appena detto.
Il treno si ferma. Siamo arrivati.
Per
fortuna!
Mi alzo in fretta, recupero l’ombrello,
e in men che non si dica sono fuori dal treno, ma prima di andare non riesco a
non guardarlo un’altra volta. Lui rimane seduto, apparentemente impassibile,
con gli occhiali ancora al suo posto e con quel sorriso stampato in faccia,
sorriso che da oggi chiamerò ghigno
malefico.
…to
be continued.
Filely/DamonEd© 2014
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