lunedì 6 ottobre 2014

Il pendolino - Capitolo Tre - Il punto di vista di lei (Filely)



L’ombrello

Secondo giorno di pioggia. Ti alzi la mattina, guardi dalla finestra e avresti solo voglia di tornare a dormire. E invece no, ti devi preparare e devi andare al lavoro e per di più devi portarti dietro quell’oggetto utile ma ingombrante, chiamato comunemente ombrello. Per carità, grandissima invenzione, se non fosse che quando sali sul treno sgocciola ovunque e non sai mai dove ubicarlo. E infatti adesso sto facendo lo slalom tra tanti ombrellini inanimi che giacciono abbandonati nel corridoio e che costituiscono delle armi improprie, sì armi, perché se non fai attenzione rischi di inciampare e stramazzare allegramente al suolo.
Mi siedo nel primo posto libero, poso l’oggetto sgocciolante ai miei piedi e so che a breve si formerà un piccolo laghetto, ma almeno qui non farà cadere nessuno.
Giornata iniziata decisamente male!
Cerco l’ipod nella borsa, metto le cuffiette e…
Musica Maestro! Relax baby,relax, ripeto a me stessa.
Finalmente il primo momento bello di questa giornata uggiosa. Vasco rimbomba nelle mie orecchie e io sono felice.
Mai sottovalutare il potere della musica, mai.
Io con le note, viaggio, esploro, immagino. È un mondo a sé, un’altra dimensione, un luogo dove rifugiarmi ogni volta che ho bisogno di ritrovarmi, di guardarmi dentro, di sentirmi. Chiudo gli occhi e parto. Per ora sto correndo in un prato pieno di margherite e ballo sotto il sole.
Niente pioggia, niente smog, niente problemi, solo aria pulita, solo spensieratezza.
Ma come tutti i sogni, anche il mio breve attimo di pace finisce troppo presto. Apro gli occhi e vedo lui che con i suoi ormai immancabili Ray-ban (inutili) e con una felpa con il cappuccio da “Sono figo solo io”, sta osando toccare il mio ombrello per spostarlo nel corridoio.
Mah!
Lo fulmino con uno dei miei soliti sguardi più che chiari ma lui non si scompone di una virgola e si siede con sufficienza difronte a me, fissandomi, forse. Decido allora che a quel gioco si può giocare in due, quindi riduco i miei occhietti a due fessure e lo guardo aspettando che dica qualcosa, ma non parla.
Ok uomo senza voce, ora ti sistemo io.
«Il mio ombrello ti creava problemi? È utile sai? Serve a non bagnarsi. Molto più utile della tua felpa inzuppata».
Sogghigno mentre la mia mente folle associa lo sconosciuto al povero Calimero, con la differenza che il tenero pulcino è simpatico, lui no. Avrei voluto aggiungere qualcosa a proposito dei suoi occhiali da sole, occhiali che il giorno prima si era tolto solo quando io ero troppo lontana per vedere i suoi occhi.
Che nervi!
Opto per il silenzio, visto che lui nemmeno mi ha risposto. Mi alzo, riprendo il MIO ombrello e lo rimetto al suo posto, ovvero ai miei piedi.
È lì che deve stare. Hai capito?
Mi rivolgo mentalmente a lui e gli lancio un ulteriore occhiataccia che dovrebbe rendere chiaro il mio messaggio.
Mi risiedo, chiudo nuovamente gli occhi, sperando vivamente di non essere più disturbata dall’arrogante e presuntuoso sconosciuto che c’è davanti  a me. E ci provo, ci provo sul serio a non pensare a lui, ma non ci riesco e anche volendo tentare di ignorarlo, il compito diviene arduo, nel momento in cui il mio ombrello si muove, di nuovo.
«Posso sapere che fastidio ti da?».
Se non mi risponde nemmeno questa volta mi metto a urlare.
Un secondo, due, tre, quattro, cinque…
Rimette l’ombrello nel corridoio e torna a sedersi.
«Nessuno ti ha mai insegnato che chiedere è lecito e rispondere è cortesia?».
Sorride… sta sorridendo.
Ride di me?
Ha anche un bel sorriso.
Accidenti!
Provo a ricompormi ma non è semplice, non dopo quello spettacolare incurvamento delle labbra che ha deliziato la mia vista. E improvvisamente ho paura, paura di vedere i suoi occhi e paura di sentire la sua voce, paura di scoprire che…
Ecco!
«Se tutti mettono l’ombrello nel corridoio ci sarà un motivo. Non mi va di avere il lago sotto le scarpe, dato che l'acqua pende verso di me».
E dopo il sorriso, arriva la voce, non una voce normale, no, una signora voce, quella che al solo sentirla potresti direttamente inciampare senza che ci siano gli ombrellini colorati a intralciare il tuo cammino perché basta udirla per sentirti inesorabilmente mancare la terra sotto ai piedi.
Ok, ok, hai una voce da infarto, ma sei antipatico, irrimediabilmente antipatico.
Fa un altro sorrisetto.
Odioso, smettila di sorridere!
«Ti disturba un po’ di acqua sotto i piedi? Non lo avrei mai detto. Piuttosto dovrebbero infastidirti quegli inutili occhiali che ti ostini a indossare nonostante il sole sia un lontano miraggio. Che assurdità! Perché non te li togli?».
Oh cielo! Non lo avrò detto sul serio?
«Il mio odio per il tuo ombrello é direttamente proporzionale al tuo per i miei occhiali. Li porto perchè mi stanno bene, non credi?».
Sorride ancora.
Eh no, adesso basta!
«Sì, ti stanno benissimo, peccato che guardandoti viene da pensare che sei un egocentrico snob e pieno di sé. Sicuro che sotto quei Ray – ban non nascondi un occhio nero gentilmente offerto da qualcuno che non ha resistito a mettere a tacere la tua arroganza?».
Beccati questa!
Una linguaccia immaginaria prende vita nella mia mente, mentre attendo una risposta che spero non arrivi mai. Ho dato inizio a una guerra e ora sono chiaramente nei pasticci.
«Sei solo curiosa di guardarmi. Usi mille giri di parole per far pensare che non ti importi ma la sola cosa che vuoi...» dice distaccando la sua schiena dal sedile e avvicinandosi di più a me « …è togliermeli».
Oh santi numi!
Rimane fermo, invade il mio spazio e sorride per alcuni interminabili secondi.
«Allora facciamo una scommessa, se vuoi che li tolga, devi essere proprio tu a farlo». Si riappoggia alla poltroncina e accavalla la gamba.
«Sono sicuro di me, vediamo quanto lo sei tu brunetta».
È una sfida? Ora sì che sono nei guai! E poi non sono brunetta,orbo!
Sorrido a mia volta, divertita, tentando disperatamente di nascondere l’imbarazzo dovuto alla sua vicinanza inaspettata e al suo profumo, irresistibile anche quello.
Maledizione!
Valuto mentalmente la mia prossima mossa.
Pensa Selene, pensa!
Sto morendo dalla curiosità, le mie mani formicolano dal forte desiderio di togliergli quegli stramaledetti occhiali, ma non voglio dargliela vinta.
«Tieniteli pure, visto che non puoi farne a meno. Evidentemente senza quelle lenti non saresti poi così sicuro di te e comunque, mi sa che hai anche problemi di vista perché io non sono brunetta, ho i capelli rossi».
Arriva l’immancabile sorrisetto.
A cosa starà pensando?
Mentre lui sembra divertito da non so che, io  abbasso lo sguardo e mi immedesimo in Pinocchio, immaginando il mio naso allungarsi come non mai dopo la colossale bugia che ho appena detto.
Il treno si ferma. Siamo arrivati.
Per fortuna!
Mi alzo in fretta, recupero l’ombrello, e in men che non si dica sono fuori dal treno, ma prima di andare non riesco a non guardarlo un’altra volta. Lui rimane seduto, apparentemente impassibile, con gli occhiali ancora al suo posto e con quel sorriso stampato in faccia, sorriso che da oggi chiamerò ghigno malefico.


…to be continued.

                                       Filely/DamonEd© 2014

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