giovedì 16 ottobre 2014

Il pendolino - Capitolo Sei - Il punto di vista di lui (Filely)

One Way
Sono stanco di ogni cosa. Questo lavoro poi, mi stressa e non mi fa respirare. Mi succede spesso, quando do troppo, quando mi butto a capofitto su qualcosa per non pensare, ma il troppo si sa, stroppia. E quindi eccomi qui ad affrontare una nuova giornata, sperando che migliori con il passare del tempo. Non sopporto il mormorio della gente che mi circonda. Potessi scegliere preferirei il silenzio.  Mi infastidiscono persino i colori sgargianti del pendolino che è fermo in stazione in attesa di cominciare una nuova corsa. Verso cosa poi? Dove corre la gente? Mi chiedo cosa si aspettino, cosa sperino, cosa sognino. Io so solo che mi hanno sbattuto qui per un anno e che non ho alternative. Non posso scegliere quale strada percorrere, non c’è un bivio, “one way” e basta. Un senso unico che già mi sta stretto, ma che mi devo far andar bene per forza. Sono fatto così io, mi stanco subito, mi stufo, mi annoio. Il mio cervello ha bisogno di continui stimoli per attivarsi e nello stesso tempo, se gli stimoli sono troppi, si atrofizza, si chiude, si spegne. Sto così da due giorni e oggi mi sento peggio di ieri.  È una di quelle giornate dove la mia materia grigia ha bisogno di assoluto riposo, perché se solo oso sforzarmi più del dovuto, mi potrebbe esplodere la testa. Come di consueto, salgo sul treno e mi siedo. Guardo distrattamente fuori dal finestrino e poi vedo Selene arrivare di corsa. È in ritardo, tra un minuto il treno parte. Mi viene da ridere, lei mi fa ridere.
«Mannaggia a me e alla mia sveglia» borbotta sedendosi accanto a me.
«Buongiorno pel di carota. Nervosa stamani?».
«Abbastanza Manuel. Non ti ci mettere anche tu per favore».
È la prima volta che mi chiama con il mio vero nome e devo dire che la cosa mi piace, come mi è piaciuto sussurrarglielo ieri all’orecchio. Le ho anche accarezzato il viso e ho sentito il suo respiro calmarsi e agitarsi, per poi calmarsi di nuovo.
Chissà cosa stava pensando, chissà cosa l’ha turbata.
“Mare liquido” ha bisbigliato e credo si riferisse ai miei occhi, ma dopo averlo detto qualcosa in lei è mutato. Forse pensa che mi sono bevuto la storia del “mi sono appisolata”, ma no, non me la sono bevuta. Sono un acuto osservatore, noto tutto, e l’ho vista irrigidirsi, ho visto la sua pelle percorsa dai brividi, l’ho vista chiudersi e conosco bene questo atteggiamento, perché so cosa significa. Quando anche tu vivi le stesse cose, impari anche a rivederle negli altri. E Selene nasconde qualcosa, solo che non è brava come me a celare. Io sono imperturbabile, intoccabile, impenetrabile. Le mie emozioni sono mie e basta, così come le mie paure e il mio dolore. Decido io con chi condividerle e anche quando coinvolgo qualcuno in quel che sento, non lo faccio mai al 100%. Do pezzettini di me raramente, e a ogni pezzettino equivale una chiusura. Spiegare il mio modo di essere è complicato, perché sono tutto tranne che convenzionale. Le mie esperienze di vita mi hanno portato ad essere quello che sono: uno stronzo! Se oggi decido di farti conoscere una parte di me, l’indomani mi ritiro nelle mie stanze. È un po’ come lanciare il sassolino e nascondere la mano. Non lo faccio con cattiveria o con uno scopo, semplicemente è quel che sono. Ho imparato che non bisogna mai dare troppo, ho imparato che quando ti doni completamente a qualcuno diventi debole, ho imparato che se scopri troppo presto le tue carte, l’interesse svanisce nell’aria. Ho imparato che se sei un grandissimo stronzo, soffri di meno. Ecco uno dei motivi per cui adoro essere così
Qualcuno vuole colpirmi? Impossibile, non glielo permetto.
Poi ci sono anche le persone che hanno tentato di capirmi e di cambiarmi, ma si sono arrese presto. Dire “io sono così” non è una scusa, ma un dato di fatto. O mi ami, o mi odi. O mi odi a tal punto che alla fine devi amarmi per forza. Il mio modo di essere attrae e non lo dico per vantarmene. Il dare poco, a piccole dosi, porta la controparte a voler avere di più, a voler sapere di più. Selene ha iniziato con gli occhi, poi il nome e il fatto che io non l’abbia fatta attendere, l’ha destabilizzata. Amo lasciare la gente di stucco, amo non essere prevedibile. Ogni mossa sulla scacchiera deve essere strabiliante. Lo scacco matto deve essere uno spettacolo, il mio.
Osservo Selene con la coda dell’occhio. Anche oggi è strana. Non mi punzecchia e un po’ mi dispiace, in fondo lei è diventata l’unica distrazione possibile per me. Un’ora di battute e frecciatine e io sto un po’ meglio, ma oggi mi sa che sono destinato a rimanere di pessimo umore.
«Hai finito di guardarmi?».
Si volta verso di me e sembra quasi volermi polverizzare con un solo sguardo.
Che c’è piccola? Che ti ho fatto?
«Non ti stavo guardando, anche se ti piacerebbe che lo facessi». Le dico con calma, come se la cosa non mi toccasse per niente.
«La dovresti smettere di pensare che sei il centro del mondo. Non lo sei e soprattutto non sei il mio centro del mondo».
Adoro farla incazzare…
«Le bugie non si dicono Selene. Non ti hanno mai detto che hanno le gambe corte? Non sai mentire, è inutile che tenti di raggirarmi».
«Mi stai dando della bugiarda?».
Alza la voce e la gente ci guarda. Stiamo diventando l’attrazione di punta del pendolino. La signora dagli occhi dolci mi sorride. Anche lei si diverte ad ascoltarci.
«Non bugiarda, pessima bugiarda. Non le sai dire le bugie. Sei troppo trasparente pel di carota».
«E tu sei uno stronzo!».
«Grazie piccola, lo so. Non mi stai dicendo nulla di nuovo e non mi pare di essermi presentato in altro modo. Sono quello che vedi. Un bel vedere non trovi?».
«Arrogante e presuntuoso, questo sei».
«Sì sono anche questo, ma ti piaccio».
«No, non mi piaci».
«Bugia numero…».
Alzo gli occhi al cielo e provo a contare le innumerevoli fandonie che racconta pel di carota.
«Ho perso il conto. Ne dici troppe. Una più assurda dell’altra».
Tengo gli occhi fissi sui suoi. Si perde di nuovo nel mio sguardo. Non risponde alle mie provocazioni, sta andando in un altro luogo e io vorrei sapere qual è. Le parole le muoiono in gola, il suo respiro cambia, stringe le braccia intorno al suo corpo. Credo abbia freddo. Non sta guardando me.
Mi avvicino, l’abbraccio. Non la stringo forte, mi limito solo a toccarla piano, a circondarla con le braccia senza soffocarla. È un pezzo di ghiaccio.
«Selene» sussurro «va tutto bene. Torna da me».
Sospira, singhiozza, piange.
Il ghiaccio si scioglie. 

…to be continued.

                                              Filely/DamonEd© 2014

3 commenti:

  1. Ciao ma quando il prossimo capitolo?????

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  2. Bella storia...migliora di capitolo in capitolo...quando riprendi a pubblicare???

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  3. Sono troppo curiosa di sapere come prosegue la storia....

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