One
Way
Sono stanco di ogni
cosa. Questo lavoro poi, mi stressa e non mi fa respirare. Mi succede spesso,
quando do troppo, quando mi butto a capofitto su qualcosa per non pensare, ma
il troppo si sa, stroppia. E quindi eccomi qui ad affrontare una nuova
giornata, sperando che migliori con il passare del tempo. Non sopporto il
mormorio della gente che mi circonda. Potessi scegliere preferirei il silenzio.
Mi infastidiscono persino i colori
sgargianti del pendolino che è fermo in stazione in attesa di cominciare una
nuova corsa. Verso cosa poi? Dove corre la gente? Mi chiedo cosa si aspettino,
cosa sperino, cosa sognino. Io so solo che mi hanno sbattuto qui per un anno e
che non ho alternative. Non posso scegliere quale strada percorrere, non c’è un
bivio, “one way” e basta. Un senso
unico che già mi sta stretto, ma che mi devo far andar bene per forza. Sono
fatto così io, mi stanco subito, mi stufo, mi annoio. Il mio cervello ha
bisogno di continui stimoli per attivarsi e nello stesso tempo, se gli stimoli
sono troppi, si atrofizza, si chiude, si spegne. Sto così da due giorni e oggi
mi sento peggio di ieri. È una di quelle giornate dove la mia materia grigia ha bisogno
di assoluto riposo, perché se solo oso sforzarmi più del dovuto, mi potrebbe
esplodere la testa. Come di consueto, salgo sul treno e mi siedo. Guardo
distrattamente fuori dal finestrino e poi vedo Selene arrivare di corsa. È in ritardo, tra un minuto il treno parte. Mi viene da
ridere, lei mi fa ridere.
«Mannaggia a me e alla mia sveglia» borbotta sedendosi accanto a me.
«Buongiorno pel di carota. Nervosa stamani?».
«Abbastanza Manuel. Non ti ci mettere
anche tu per favore».
È la prima volta che mi chiama con il
mio vero nome e devo dire che la cosa mi piace, come mi è piaciuto
sussurrarglielo ieri all’orecchio. Le ho anche accarezzato il viso e ho sentito
il suo respiro calmarsi e agitarsi, per poi calmarsi di nuovo.
Chissà
cosa stava pensando, chissà cosa l’ha turbata.
“Mare
liquido” ha bisbigliato e credo si riferisse
ai miei occhi, ma dopo averlo detto qualcosa in lei è mutato. Forse pensa che
mi sono bevuto la storia del “mi sono
appisolata”, ma no, non me la sono bevuta. Sono un acuto osservatore, noto
tutto, e l’ho vista irrigidirsi, ho visto la sua pelle percorsa dai brividi,
l’ho vista chiudersi e conosco bene questo atteggiamento, perché so cosa
significa. Quando anche tu vivi le stesse cose, impari anche a rivederle negli
altri. E Selene nasconde qualcosa, solo che non è brava come me a celare. Io
sono imperturbabile, intoccabile, impenetrabile. Le mie emozioni sono mie e
basta, così come le mie paure e il mio dolore. Decido io con chi condividerle e
anche quando coinvolgo qualcuno in quel che sento, non lo faccio mai al 100%.
Do pezzettini di me raramente, e a ogni pezzettino equivale una chiusura.
Spiegare il mio modo di essere è complicato, perché sono tutto tranne che
convenzionale. Le mie esperienze di vita mi hanno portato ad essere quello che
sono: uno stronzo! Se oggi decido di farti conoscere una parte di me,
l’indomani mi ritiro nelle mie stanze. È un po’ come lanciare il sassolino e
nascondere la mano. Non lo faccio con cattiveria o con uno scopo, semplicemente
è quel che sono. Ho imparato che non bisogna mai dare troppo, ho imparato che
quando ti doni completamente a qualcuno diventi debole, ho imparato che se
scopri troppo presto le tue carte, l’interesse svanisce nell’aria. Ho imparato
che se sei un grandissimo stronzo, soffri di meno. Ecco uno dei motivi per cui
adoro essere così
Qualcuno
vuole colpirmi? Impossibile, non glielo permetto.
Poi ci sono anche le persone che hanno
tentato di capirmi e di cambiarmi, ma si sono arrese presto. Dire “io sono così” non è una scusa, ma un
dato di fatto. O mi ami, o mi odi. O mi odi a tal punto che alla fine devi
amarmi per forza. Il mio modo di essere attrae e non lo dico per vantarmene. Il
dare poco, a piccole dosi, porta la controparte a voler avere di più, a voler sapere
di più. Selene ha iniziato con gli occhi, poi il nome e il fatto che io non
l’abbia fatta attendere, l’ha destabilizzata. Amo lasciare la gente di stucco,
amo non essere prevedibile. Ogni mossa sulla scacchiera deve essere
strabiliante. Lo scacco matto deve essere uno spettacolo, il mio.
Osservo Selene con la coda
dell’occhio. Anche oggi è strana. Non mi punzecchia e un po’ mi dispiace, in fondo
lei è diventata l’unica distrazione possibile per me. Un’ora di battute e
frecciatine e io sto un po’ meglio, ma oggi mi sa che sono destinato a rimanere
di pessimo umore.
«Hai finito di guardarmi?».
Si volta verso di me e sembra quasi
volermi polverizzare con un solo sguardo.
Che
c’è piccola? Che ti ho fatto?
«Non ti stavo guardando, anche se ti
piacerebbe che lo facessi». Le dico con calma, come se la cosa non mi toccasse
per niente.
«La dovresti smettere di pensare che
sei il centro del mondo. Non lo sei e soprattutto non sei il mio centro del
mondo».
Adoro
farla incazzare…
«Le bugie non si dicono Selene. Non ti
hanno mai detto che hanno le gambe corte? Non sai mentire, è inutile che tenti
di raggirarmi».
«Mi stai dando della bugiarda?».
Alza la voce e la gente ci guarda.
Stiamo diventando l’attrazione di punta del pendolino. La signora dagli occhi
dolci mi sorride. Anche lei si diverte ad ascoltarci.
«Non bugiarda, pessima bugiarda. Non
le sai dire le bugie. Sei troppo trasparente pel di carota».
«E tu sei uno stronzo!».
«Grazie piccola, lo so. Non mi stai
dicendo nulla di nuovo e non mi pare di essermi presentato in altro modo. Sono
quello che vedi. Un bel vedere non trovi?».
«Arrogante e presuntuoso, questo sei».
«Sì sono anche questo, ma ti piaccio».
«No, non mi piaci».
«Bugia numero…».
Alzo gli occhi al cielo e provo a
contare le innumerevoli fandonie che racconta pel di carota.
«Ho perso il conto. Ne dici troppe.
Una più assurda dell’altra».
Tengo gli occhi fissi sui suoi. Si
perde di nuovo nel mio sguardo. Non risponde alle mie provocazioni, sta andando
in un altro luogo e io vorrei sapere qual è. Le parole le muoiono in gola, il
suo respiro cambia, stringe le braccia intorno al suo corpo. Credo abbia
freddo. Non sta guardando me.
Mi avvicino, l’abbraccio. Non la
stringo forte, mi limito solo a toccarla piano, a circondarla con le braccia
senza soffocarla. È un pezzo di ghiaccio.
«Selene» sussurro «va tutto bene.
Torna da me».
Sospira, singhiozza, piange.
Il ghiaccio si scioglie.
…to be continued.
Filely/DamonEd© 2014
Ciao ma quando il prossimo capitolo?????
RispondiEliminaBella storia...migliora di capitolo in capitolo...quando riprendi a pubblicare???
RispondiEliminaSono troppo curiosa di sapere come prosegue la storia....
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